Stando a una considerazione di IDC, ormai entrata nei manuali, negli ultimi due anni abbiamo prodotto il 90% delle informazioni che oggi circolano in rete.
La questione non è semplicemente quantitativa, bensì qualitativa.
Perché i dati che stiamo producendo sono Big non (solo) in termini numerici, ma soprattutto per la loro eterogeneità.
Ogni processo digitale, ogni interazione sui social media produce dati. Per non parlare di tutti i dati che arrivano dall’automazione industriale e da quei processi di dematerializzazione di quelle attività un tempo cartacee, come ordini, bollettazioni, fatture, cartelle cliniche o i carteggi notarili, o ancora da tutti i dispositivi fissi e mobili che elaborando i dati, a loro volta producono nel loro back end di sistema una quantità di informazioni.
Appare dunque palese che i processi di storage, vale a dire tutto quanto ha a che vedere con archiviazione, back-up, gestione degli accessi e della sicurezza, risk management e business continuity richiede di essere gestito.

È questo il quadro che emerge da un’indagine condotta da NetworkDigital4 su un campione di 300 aziende di medie e grandi dimensioni del Nord e del Centro Italia, operanti in tutti i settori, e che ha coinvolto CIO e responsabili dei sistemi informativi.
Per il 40 per cento dei rispondenti tutti gli aspetti correlati alla gestione dei dati rappresenta una criticità e l’indagine si è posta l’obiettivo di comprendere dove esattamente si collocano i punti di debolezza.
Al primo posto, gli interpellati indicano la quantità di volumi da gestire, seguita dalla sicurezza e dalla gestione delle policy e delle compliance normative.
Seguono la gestione dei back-up, la Business continuity e il risk management.
Ma non è tutto.
Un 28 per cento del campione lamenta anche altre problematiche, correlate, tra l’altro, alle infrastrutture sulle quali poggiano i sistemi di riferimento.
Laddove l’infrastruttura è cresciuta in modo poco controllato e con un approccio addizionale, più che funzionale, servono nuovi approcci non solo metodologici ma anche tecnologici, che prevedano ad esempio il passaggio alle tecnologie flash, a soluzioni di virtuali storage, a modalità as a service.
In ogni caso, ed è questo il dato più interessante, il 70 per cento delle imprese interpellate ha progetti di investimento in ambito storage, indirizzati in primis ai mondi del backup e della virtualizzazione, poi al potenziamento della Storage Area Network (SAN) seguita al terzo posto dalla gestione degli accessi ai dati, che rimane un punto cardine del Big Data Management e della digital transformation aziendale.
Silvana Gornati
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